Black Acid Soul, l’esordio di Lady Blackbird riporta il jazz alle origini

Lady Blackbird
“Black Acid Soul”
(Foundation Music)

Un esordio che lascia senza fiato. La luce dopo il buio. Black acid soul è l’album che ha riportato il jazz alle sue origini e in cui Lady Blackbird con la sua voce graffia l’anima ad ogni singola nota. E’ sufficiente un morbido shuffle del contrabbasso e il primo verso di uno dei brani più crudi di Nina Simone per affidare il proprio cuore nelle mani di Marley Munroe.

“Why you want to fly blackbird”. Poche parole ed è l’inizio di una storia d’amore infinita. L’ascoltatore più sensibile verrà rapito da una musica evocativa, che trova forza in una voce che incanala il genio musicale e la sensibilità interpretativa della Simone. E’ per lei che ha cambiato il suo nome. Blackbird riesce a trasmettere in modo credibile il dolore insito nella canzone. Tutto sembra così reale e naturale che ci si dimentica quanta tecnica e sensibilità si nasconda dietro una tale performance sofisticata.

Black acid soul è un lavoro concepito per chi ama la notte e i suoi silenzi, per i cuori infranti, ma soprattutto per chi riesce a non nascondere le proprie passioni. Undici brani essenziali ma ricchi, classici ma attuali. Composto da diverse cover e da una manciata di composizioni originali questo album sprigiona una energia sconosciuta da molto tempo. Merito del produttore Chris Seefried, che è riuscito a dare un’anima a Lady Blackbird.

Sarebbe sicuramente errato pensare a un disco di comuni riletture di brani altrui. Qui ogni canzone assume una nuova vita; in alcuni casi superando l’originale, come nel caso di Lost and looking di Sam Cooke, in cui l’atmosfera rarefatta viene resa ancora più intensa dall’assolo di Deron Johnson, pianista eccellente conosciuto per aver partecipato alle registrazioni di “Doo-Bop” di Miles Davis.

Miss Munroe non nasconde che in gioventù ha avuto ascolti diversi dal jazz, facendo suoi brani che appartengono al mondo del rock e del folk dei primi anni sessanta. Collage, brano del 1969 composto da Joe Walsh per la James Gang, inizialmente mantiene la struttura originale, prendendo successivamente una sua direzione più fluida; It’ll never happen again, di Tim Hardin, aiutata dal tocco vellutato di Johnson al piano, è un’intima ballata che resterà tatuata sulla pelle. I tratti morbidi sono l’arma vincente di Black acid soul.

I due accordi, semplici e raffinati di Peace piece di Bill Evans diventano Fix it, con il testo aggiunto scritto da Chris Seefried. It’s not that easy esalta la bellezza di un brano di Irma Thomas, rivaleggiando con la versione originale. Nobody’s sweetheart, uno dei brani originali del disco, appare come uno standard jazz per il suo arrangiamento retrò, impreziosito dall’assolo di tromba di Troy “Trombone Shorty” Andrews.

Il funk di Wanted dead or alive di The Voices Of East Harlem viene destrutturato e ricomposto per dar vita a Beware the stranger, brano che mantiene alta la tensione emotiva dell’intero album, grazie anche all’apporto di coro e archi. La title track finale lascia spazio a Deron Johnson, Jimmy Paxton e Chris Seefried, compagni di avventura di Lady Blackbird. E’ anche grazie a loro se Black acid soul entrerà nella storia del jazz e al quale nessuno potrà sottrarsi dopo averlo ascoltato.

 Brani consigliati: Tutti, con una leggera preferenza per Fix it e It’ll never happen again

Tracklist:

1. Blackbird
2. It’s Not That Easy
3. Fix It
4. Ruler of My Heart
5. Nobody’s Sweetheart
6. Collage
7. Five Feet Tall
8. Lost and Looking
9. It’ll Never Happen Again
10. Beware the Stranger
11. Black Acid Soul

(Recensione pubblicata il 19/01/2022 su Notiziedespettacolo.it)

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