Alessio Boni: “Se hai un sogno perseguilo fino in fondo”

Istrionico come pochi attori italiani, Alessio Boni riesce a mettere in risalto le sue molteplici capacità di calarsi nei panni di personaggi diversi tra loro. A darcene un esempio è la sua fulgida carriera che lo ha visto protagonista in ruoli diversi. Tra teatro, cinema e televisione, l’attore toscano si è distinto per il suo stile personale e, tra i suoi numerosi lavori, per l’eccellente interpretazione di figure importanti del mondo dell’arte come Caravaggio, Puccini, Don Chisciotte e Ulisse. Domenica 17 settembre, con Alessandro Quarta sarà di scena, al Teatro Grandinetti Comunale di Lamezia Terme, con “L’uomo che oscurò il Re Sole. Vita di Molière”, organizzato da AMA Calabria. Disponibile e aperto al dialogo, Boni ci ha regalato una prima lettura dello spettacolo, che sta riscuotendo un enorme successo di critica e pubblico

Come hai avuto l’idea di realizzare uno spettacolo dedicato alla vita di Moliére?
Questo spettacolo nasce perché è il 350esimo anniversario della morte di Jean Baptiste Poquelin, che tutti conosciamo con lo pseudonimo di Moliére. Io, su invito del mio drammaturgo Francesco Niccolini, ho letto un libro di Michail Bulgàkov sulla vita del commediografo francese, che ho amato subito.

Un amore a prima… lettura
E’ stato così. Dentro ci sono la vita, le vicissitudini di Moliére. Questa è stata l’altra grande motivazione che ci ha spinti a mettere in scena uno spettacolo efficace che fa ben comprendere l’uomo di teatro tout court.

Parlando di drammaturghi mi viene da pensare a Shakespeare, a Pirandello. Da cosa si differisce dal loro Moliére?
I due che hai citato erano solo drammaturghi. Anche Eduardo De Filippo lo era, ma era anche un primo attore, capo comico, regista, scrittore ed anche costumista, scenografo e si occupava delle luci. Un esempio rarissimo. Jean Baptiste Poquelin, a quell’epoca fu uno dei primi, forse addirittura l’unico, a non limitarsi a scrivere. Sicuramente fu un antesignano nel suo genere.

Hai citato Francesco Niccolini. Con lui c’è un rapporto lavorativo da dieci anni.
Con Francesco abbiamo un gruppo teatrale che si chiama “Il Quadrivio” e con lui abbiamo realizzato altri spettacoli come “Don Chisciotte”, “I Duellanti” e prossimamente “Iliade”, con cui debutteremo a dicembre.

Con te sul palcoscenico ci sarà Alessandro Quarta.
Con Alessandro ci siamo incontrati nel periodo del Covid, quando abbiamo realizzato ad Arte Sella, nel Trentino, “Bach, Queneau, esercizi e variazioni”. E’ stato quello l’incontro fatale che ci ha consentito di conoscerci e grazie al quale è iniziata una grande stima artistica. Inevitabile che io pensassi a lui per questo spettacolo.

Con lui c’è molta empatia e tanta improvvisazione.
Alessandro Quarta è il compositore polistrumentista. Lui ha in testa tutta la musica che ha creato. Sul pianoforte ha un iPad sul quale lui segue il mio copione. Secondo ciò che sente, improvvisa e io lo seguo, mi adeguo al momento drammatico che lui improvvisa. Io non improvviso cambiando le battute, ma adeguo la mia recitazione perché la musica in alcuni momenti mi spiazza creando in me una sensazione sempre diversa. Sono felice del nostro rapporto artistico che sicuramente continuerà, facendo altre cose insieme.

Ritornando a Moliére, c’è qualcosa di lui che ti ha colpito maggiormente?
Sicuramente. La cosa particolarissima della sua vita, che colpiva sia me che Francesco Niccolini, era il suo essere figlio di un artigiano tappezziere che, però, con il nonno andava nelle piazze a vedere i comici italiani. Lui si innamorò della commedia dell’arte, ma era gracile, piccolo e balbuziente. La sua volontà era di scrivere drammi e tragedie, cosa che, nonostante la sua caparbietà, non gli riuscì. La sua vita iniziò a cambiare quando insieme all’attrice Madeleine Béjart, della quale si innamorò, costituì l’Illustre Théâtre girovagando per la Francia per otto anni fatti di insuccessi spaventosi.

Fu in Italia, grazie all’incontro con Tiberio Fiorilli, che cambiò il suo destino.
Fiorilli era un capocomico che era diventato famosissimo in Francia per aver inventato la maschera Scaramouche. I due si incontrano e l’italiano prende in simpatia Moliére, gli insegna a non balbettare, ma soprattutto lo dissuade dallo scrivere tragedie. Infine, lo istruisce sui lazzi comici e capisce di aver avuto l’intuizione giusta: Moliére dimostra di essere un fuoriclasse e allora comincia a scrivere commedie. Da quel momento i successi non tardarono ad arrivare.

In seguito ci fu l’incontro con Luigi XIV.
L’incontro tra il Re Sole e il figlio di un tappezziere ha qualcosa di incredibile. I due diventano molto amici, tanto da indurre Luigi XIV a lasciargli carta bianca. Lo lascia soffiare su questa fiamma nei confronti della società. Moliére se la prende con tutti: medici, preti, mariti, mogli, militari, vecchi che si sposano con le giovani. Quello che rappresentava era uno specchio della società. Il re, divertendosi di tutto ciò, non esitò a farlo esercitare con la sua Compagnia in un teatro. Tutto questo fino ad arrivare alla morte, avvenuta quasi in scena.

Moliére ci insegna che bisogna sempre lottare per realizzare i propri sogni.
Senza ombra di dubbio. E’ stato un uomo che, nonostante i fischi ricevuti per otto anni, caparbiamente è andato avanti per realizzare il proprio sogno. Questo è un messaggio che vogliamo lasciare con il nostro spettacolo. Vogliamo sensibilizzare il nostro pubblico, un pungolo che possa essere utile a tutti. La cocciutaggine di Moliére ci ha consegnato un genio del teatro mondiale.

Come Don Chisciotte può essere considerato un visionario. Cosa li accomuna?
Innanzitutto la fama. Sia Moliére che Don Chisciotte sono conosciuti in tutto il mondo. E’ conosciuto più Moliére che il Re Sole, stessa cosa si può dire tra Cervantes e Don Chisciotte, il cui libro è il terzo più venduto al mondo. Così come per il commediografo francese, le cui opere sono tra le più vendute al mondo insieme a quelle di Shakespeare. Entrambi sono accomunati dall’intento di voler raggiungere il proprio sogno, finché non toccano l’arcobaleno, perché non riescono a vivere una vita normale. Moliére e Don Chisciotte vivono in una bolla e se ne vanno per la loro strada incuranti di tutti i fischi che ricevono. Questa è la forza dell’essere umano che perfora una montagna.

Nel tuo spettacolo parli di un uomo che oscurato il Re Sole.
Molière non voleva oscurare consapevolmente il Luigi XIV. Oggi la storia lo ha reso più famoso di un re che all’epoca era famosissimo.

Quanto deve al re?
Molto. Lo ha protetto e ha portato avanti perché godeva nel vedere i borghesi in sala che si indignavano perché si riconoscevano. Inoltre, è stato veramente geniale ed intuitivo quando intervenne parlando con l’arcivescovo di Parigi, che non sapeva cosa fare del cadavere di Moliere. A quel punto Luigi XIV parlò con l’arcivescovo, chiedendo fino a quale profondità la terra è consacrata. La risposta fu «Quattro piedi». Fu così che il re lo fece seppellire a cinque piedi. Il suo fu un intuito fuori dal comune che salvò quello che resta di un grande uomo, che per lui è stato un grande amico.

Come vedi il teatro in questo periodo?
Ovviamente duro per quel post covid che subiamo tutti quanti, però il teatro va benissimo. La gente è felice di vedere uno spettacolo dal vivo. Ad esempio, le 77 tappe che faremo con l’Iliade sono tutte vicine al sold out. La gente ha voglia di sentire dal vivo Alessandro Quarta, perché si emoziona, ha voglia di vedere il sudore dell’attore sul palcoscenico, il canto che ti arriva addosso come onda sonora. Non ha molta voglia di stare dietro lo schermo, ha voglia di contatto umano e il teatro ne è un esempio. Il teatro poteva essere in crisi in questo momento ma non lo è, perchè la gente ha voglia di sentire energia.

Nello spettacolo c’è molta improvvisazione
Alessandro Quarta è il compositore polistrumentista lui ha in testa a memoria tutta la sua musica che ha creato ha sul pianoforte un suo iPad dove non c’è la musica lui segue il mio copione e a seconda di quello che sente improvvisa e io gli vado appresso a seconda del momento drammatico ci improvvisiamo in questo modo non improvviso cambiando le battute improvviso nella temperie dello spettacolo e io gli vado appresso con le parole perché la musica ti trascina in certi momenti mi spiazza crea un qualcosa e io gli vado appresso. Andremo avanti e faremo altre cose insieme.

Qual è il messaggio che vuole dare lo spettacolo?
Anche se sei figlio di un tappezziere e hai un sogno perseguilo. In barba a tutti lo puoi realizzare.

Tu sognavi di fare l’attore?
No, è stato un caso. Io facevo il piastrellista e poi a 21 anni ho visto uno spettacolo che mi ha illuminato e ho detto che volevo fare questo. Ora sono qua, desideroso di imparare ancora tanto e scoprire tre miliardi di cose.

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