Caterina Varzi: “Così diventai l’ultima musa di Tinto Brass”

L’appuntamento è al Teatro Politeama di Catanzaro, dove stasera sarà ospite di “Eros e libertà. La donna nel cinema di Tinto Brass”, tributo al regista veneziano inserito nell’ambito del Festival d’Autunno, diretto da Antonietta Santacroce.
Caterina Varzi, musa di Tinto Brass, si è presentata mostrando una insolita timidezza. Il suo essere attrice e personaggio pubblico al fianco di Tinto Brass non le ha fatto perdere il suo status di normalità, e dialogare con lei è piacevole e si capisce subito che proprio la sua semplicità ha colpito il regista.

Come è iniziata la tua avventura con Tinto Brass?
L’ho incontrato a Roma per lavoro. Prima di essere una psicanalista ero un avvocato. Rappresentavo una società di produzione che avrebbe dovuto realizzare un dvd sulla sua vita. Non ci conoscevamo ed appena mi vide mi chiese se ero una attrice. Ovviamente, gli risposi di no. Già in quella occasione mi stupii per il suo atteggiamento timido e gentile, il contrario di ciò che mi aspettavo.

Il dvd è stato realizzato?
No, però l’idea fu ripresa più tardi ed un anno dopo lo incontrai nuovamente. Questa volta in veste di psicanalista. Era quello il ruolo assegnatomi. Ovviamente l’approccio fu diverso dalla prima volta perché dovevo mettere in risalto la persona oltre al personaggio. Tutto questo mentre lui, a mia insaputa, cercava di mettere a fuoco le mie potenzialità di attrice. Fu una seduzione reciproca.

Poi ti ha chiesto di girare un film per lui. Sarai rimasta sorpresa, non avevi un background di attrice.
Esatto. Alle sue continue richieste io risposi sempre no. Però, fu molto abile a dare espressione al mio erotismo latente, come lo definiva lui, e finii per accettare perché mi convinsi che quella sarebbe stata una esperienza irripetibile. Lavorare con Brass è una garanzia di qualità, perché lui oltre ad essere un regista è anche un vero artista.

Sei stata la protagonista di “Ziva, l’isola che non c’è”, film mai uscito nelle sale. Che reazione hai avuto nel rivederti?
Sul set scindo il personaggio dalla persona. Sono molto timida nella vita, mentre quando recito prende vita la Caterina Varzi che c’è dentro. Quando mi sono rivista la prima cosa che ho notato sono state le mie imperfezioni fisiche. Sono sempre molto severa con me stessa.

Continui ad essere psicanalista. Qual è stata la reazione dei tuoi pazienti?
Positiva. Forse anche perché ho solo pazienti donne. Ho condiviso con loro la mia decisione, che hanno apprezzato e condiviso. Solitamente una psicanalista viene messa su un piedistallo, con me non è successo.

Oltre a Tinto Brass nella sua vita ha avuto la fortuna di incontrare Aldo Carotenuto.
Anche quello è stato un incontro che ha segnato la mia vita, dandomi molto. Posso affermare che Brass e Carotenuto, nelle rispettive discipline si somigliano molto.

Avvocato, psicanalista, attrice e scrittrice. Dopo aver scritto “Ma io vedo più in là”, autobiografia di Tinto Brass, ci sono altre strade nel tuo futuro?
L’erotismo femminile è stato raccontato è visto da un uomo come Brass. Il mio sogno sarebbe di fare lo stesso con l’universo maschile. Chissà che non si realizzi.

(Pubblicato su Gazzetta del Sud il 24/11/2012)
(Foto per gentile concessione di Salvatore Monteverde)
(Segnalato su Liquida.it)

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