Stefano Di Battista: “Suonare le musiche di Ennio Morricone è stata una esperienza bellissima”

Tra le stelle del panorama jazz italiano ed internazionale, Stefano Di Battista si è sempre distinto per la sua duttilità e per il suono personale e originale, grazie al quale è riuscito a unire tradizione e innovazione. Una passione per le musiche composte da Ennio Morricone lo hanno spinto a incidere “Morricone Stories”, un album in cui trasudano la passione e l’amore per le composizioni del musicista romano. Venerdì 14 aprile, alle ore 21, Di Battista con il suo quartetto formato da Andrea Rea al piano, Daniele Sorrentino al contrabbasso e Luigi Del Prete alle percussioni, renderà omaggio sul palcoscenico del Teatro Comunale di Catanzaro al genio musicale dell’indimenticato Maestro.

“Morricone Stories” è un progetto nato su disco, successivamente pensato come concerto. Com’è nata l’idea di suonare dal vivo le musiche del Maestro?
E’ stata una esigenza spontanea ed è un’esperienza bellissima. Da un anno e mezzo suoniamo questa musica e non mi era successo di suonare ai concerti con un entusiasmo sempre al top per quello che riguardo proprio l’approccio ai brani. Trovo che la musica composta da Ennio Morricone sia veramente bellissima, anche perché è bella da suonare sempre.

Il vostro è un entusiasmo che si rinnova ogni sera?
Dopo un anno e mezzo si rischia di spegnersi un po’ perché i pezzi oramai si conoscono a memoria, invece con la musica del Maestro, il nostro approccio rimane immutato. E’ come se i brani creassero nuove aspettative, nuovi interessi e non ti annoiassero mai. Noi li suoniamo ogni sera con un’emozione particolare.

Quella di comporre musiche immortali era una caratteristica di Morricone.
Credo che il Maestro conoscesse perfettamente l’arte della composizione. I suoi incroci melodici sono proprio un caso raro ed eccezionale. Per me è stata una fortuna averlo incontrato e di avere ricevuto da lui in regalo il bellissimo brano che poi ho dedicato a mia figlia, chiamandolo con il suo nome, “Flora”.

Cosa ti è rimasto dentro di quell’incontro?
Tra le tante cose che non dimenticherò mai, ho apprezzato il suo modo di parlarmi così vicino alla cultura romana. Mi ha accettato e voluto bene forse perché lui accettava tutti con un occhio di riguardo per chi come me veniva dalla periferia, da una famiglia semplicissima. Accanto a lui mi sono ritrovato a vivere una realtà davvero fortunata.

Non deve essere stato facile accettare la sua scomparsa.
Sicuramente. Ho provato un enorme dolore quando lui ci ha lasciato, anche perché gli dissi che mi sarebbe piaciuto fare un disco sulle sue musiche e lui mi rimproverava dicendomi di lasciar perdere. Non era molto contento quando si “manovravano” le sue composizioni. Proprio per questo motivo, quando era ancora vivo, nel fare il disco ho cercato di restare fedele alle sue idee, rispettando ogni singola nota delle composizioni del Maestro. A lavoro ultimato, sono stato contento perché ho ricevuto i complimenti del figlio Andrea. “Morricone Stories” è stato un disco fatto con tanta premura ed emozione, ma anche con un po’ di timore da parte mia perché inizialmente non sapevo come approcciarmi a questo disco.

E’ stato complicato dare ai brani scelti il tocco jazz mantenendo le sonorità di Morricone?
Un pochino sì, perché cercavo di essere me stesso e di rispettare il più possibile il lavoro del Maestro, cercando di aggiungere qualcosa di mio. Il contributo che cercavo di mettere era nel suono del sax. Il tema di “C’era una volta in America” è quello che mi ha fatto entrare meglio in quell’ottica, perché il sax contralto suonato su un pezzo insieme a tre persone era una scommessa. Non dovevo eguagliare un’orchestra ma cercare di entrare nel cuore degli ascoltatori con il sax. Credo che la strada suggeritami dalla melodia stessa sia abbastanza azzeccata, perché mi fa piacere ascoltarmi quando la suono e solitamente non mi succede.

Attualmente c’è una maggiore predisposizione a rileggere il repertorio pop con sonorità jazz. Tra le tue numerose collaborazioni ricordo quella con Massimo Ranieri. Cosa ne pensi di questa situazione?
E’ vero, attualmente c’è una volontà maggiore a conferire suoni tipicamente jazz. Non è sicuramente una novità assoluta, ma quando mi viene chiesto un suono diverso, mi viene naturalmente. Ci sono molti artisti che ridanno valore ai vecchi modi di produrre il suono. Il suono che danno gli strumenti del jazz è chiaro e, nonostante l’avvento della tecnologia, oggi c’è questa tendenza a riascoltare quelle sonorità prive di artifizi. A me piacciono molto i suoni veri, magari non belli, perché con il digitale, talvolta, i suoni erano falsati. Massimo Ranieri come tutti era attratto da questo.

 Quali sono state le difficoltà che hai incontrato nella scelta dei brani composti da Ennio Morricone da inserire nell’album e, quindi, nel concerto?
Il dramma, se possiamo definirlo tale è stato l’ascolto. Parlare di scelta sulle musiche del Maestro è una cosa che non si può fare, perché ascoltando i brani ognuno era stupendo. Non ascolterete nessun pezzo che non è ispirato o inserito per riempire un buco.

La musica non è la tua unica passione. Sei anche ristoratore.
Sono nato in una famiglia molto semplice, grandi lavoratori, che hanno fatto la ristorazione. Sono cresciuto in un ambiente in cui la missione era far piacere agli altri, perché la ristorazione era fatta col cuore e la gente stava bene. Una idea che ho traslato nel mio modo di suonare, perché trovo che sia importante far star bene le persone che vengono ad ascoltarmi. Non suono mai per me stesso. Condivido con gli altri il piacere della musica, io la utilizzo in quanto divulgatore delle emozioni che riesce a dare la musica. Mi fa piacere farlo col cuore e dai miei genitori ho imparato proprio questo. E’ una cosa che mi diverte anche ora che i miei non ci sono più, continuando a mantenere viva quella attività.

Sei sposato con Nicky Nicolai. Quanta collaborazione c’è tra voi?
Molta, adesso stiamo riprendendo a lavorare insieme e presto faremo un nuovo disco. L’idea di fare un figlio ti compromette alcune cose. Lei ha fatto un gran lavoro come madre adesso ha voglia di riprendere. Parliamo sempre dei nostri progetti musicali, il nostro è un continuo scambio di idee.

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