Con “Wild dogs”, il rock americano dei Rusties tra sogno e nostalgia

Rusties
“Wild dogs”
(Tube Jam Records / distr. Egea Rec.)

Un decennio speso a versare sudore sui palcoscenici di mezzo mondo suonando la musica di Neil Young, loro idolo di sempre, ha trasformato i Rusties da cover band del rocker canadese a gruppo con una propria identità. La crescita dei cinque musicisti di Bergamo non li ha allontanati dai suoni e dai colori della West Coast, che cercano di trasmettere attraverso le proprie composizioni, ed ha avuto un importante processo di maturazione con i concerti.
A conferma di tutto ciò basta ascoltare “Wild dogs”, il loro nuovo album. Il gruppo bergamasco, già nel 2009 con “Move along” aveva mosso i primi passi affrancandosi dalla musica di Neil Young, ma mantenendone le caratteristiche fondamentali. Era quello un album convincente che indicava la strada intrapresa dalla band.
Con “Wild dogs” i Rusties riescono ad essere più “americani” grazie ad un sound che assume toni ancora più caldi. Un “calore” che riscalda sin da “Hollow”, il brano d’apertura. Basta un semplice riff ed una voce accattivante per lasciarsi andare, sognando di essere su una di quelle strade californiane che sembrano non finire mai. Ad impreziosire tutto ci pensa Osvaldo Ardenghi con un assolo di chitarra intenso ed efficace.
I Rusties sono in forma e lo si avverte subito. Grande ritmica che si fonde alla perfezione con la voce di Marco Grompi. E che il cantante sia un fan agguerrito di Neil Young lo si capisce dalla tonalità con cui interpreta “Lady rider”, in cui viene sostenuto dalla onnipresente chitarra incendiaria di Ardenghi. Le performances di Grompi non sorprendono più l’ascoltatore, dimostrando di essersi calato perfettamente nel ruolo di interprete maturo e versatile. Ed è tutto il gruppo a beneficiare del suo estro. Basti ascoltare “Lose my love”, dagli accenti tipici dei Doobie Brothers, in cui la voce si fonde perfettamente ai cori.
Come nel precedente “Move along”, anche in “Wild dogs” i Rusties non trascurano la possibilità di aprirsi a collaborazioni eccellenti. Se due anni fa la scelta era caduta su Cristina Donà, in questo album gli orizzonti si allargano con una presenza internazionale. E’ l’irlandese Mary Coughlan a prestare la propria voce nel brano che dà il titolo all’intero lavoro e alla bonus track “Razor love”. Nel brano di chiusura i Rusties mettono in evidenza il loro lato più intimo con una ballata che infiamma i cuori. Ed il suono della band diventa ancora più intenso e profondo.
Preziosa anche la collaborazione di Andy White, autore di “Wild dogs”, “Not enough love” e “Oh, Rory”, tributo a Rory Gallagher, compianto chitarrista dei Taste, scomparso nel 1995.
L’influenza di Neil Young è forte in tutto l’album, e quello che potrebbe sembrare un limite diventa un elemento fondamentale di tutto il lavoro. La lezione assimilata dai Rusties in questi anni viene fatta propria e “dilatata”, come dimostrano nell’esecuzione appassionata di “Adam raised a cain”, brano che porta la firma di Bruce Springsteen.
E dopo la prorompente “The ungratheful child”, il suono si ammorbidisce con le già citate “Oh, Rory”, e “Razor love”, alle quali si aggiunge una autentica perla come la romantica “Hard dreamers”.
Un angolo ideale per sognare, posto alla fine di un album che finalmente regala del buon rock a chi ne sentiva la mancanza.

The band:
Marco Grompi, voce e chitarre
Osvaldo Ardenghi, chitarre
Massimo Piccinelli, piano
Dario Filippi, basso
Paolo Guerini, batteria

Tracklist:
– Hollow
– Lady rider
– Lose my love
– Wild dogs (feat. Mary Coughlan)
– Not enough love (feat. Veronica Sbergia)
– Adam raised a Cain
– The ungrateful child
– This rotten track
– Oh, Rory (feat. Ila & Jada Salem)
– Hard dreamers
– Razor love (feat. Mary Coughlan)

Discografia:
2009 – Move along (Tube Jam Rec.)
2011 – Wild dogs (Tube Jam Rec.)

(Pubblicato su Musicalnews il 26/05/2011)

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