Francesco Cafiso: “Ho affrontato la carriera di musicista con un pizzico di incoscienza”

Cafiso CortalePer chi non lo aveva mai ascoltato dal vivo, l’esibizione di Francesco Cafiso a Cortale, il 12 agosto, nell’ambito della rassegna “Jazz & Vento” è stata l’ennesima conferma delle qualità dell’enfant prodige del jazz nostrano. Il concerto calabrese è l’occasione per ascoltare la bella storia vissuta dal musicista siciliano di Vittoria. E lui si lascia andare con visibile entusiasmo.

Hai iniziato a suonare all’età di sei anni. A 13 sei stato proiettato nel mondo del jazz mondiale. Cosa hai provato in quei giorni?
Data l’età, ho affrontato la carriera di musicista con un pizzico di incoscienza. Credo però che sia normale. Crescendo ho imparato di volta in volta ad analizzare e dare la giusta importanza ad ogni evento.

Suonare così giovane al fianco di Wynton Marsalis non deve essere stata una passeggiata.
Infatti non lo è stata, ma gli stimoli che ho ricevuto da quella esperienza sono stati davvero importanti. Ho imparato moltissime cose sia dal punto di vista musicale ma soprattutto da quello umano. Wynton è un vero maestro in ambedue gli ambiti.

Chi ti ascolta pensa di trovarsi davanti ad un veterano, eppure hai soli 25 anni e molte collaborazioni con grandi artisti. Con chi ti sei sentito più a tuo agio?
Con tutti i musicisti che ho suonato, grandi maestri, alcuni vere colonne del jazz e diversi già scomparsi, purtroppo, come Hank Jones, Cedar Walton, Dave Brubeck, Mulgrew Miller. Con tutti loro mi sono trovato a mio agio perché avevamo in comune lo stesso linguaggio. L’amore per la musica e per il jazz in particolare che è un linguaggio universale, che fa stare tutti bene.

Tu suoni il sax contralto. Qual è stato il musicista che più ti ha ispirato agli inizi e quello che ammiri tra i giovani emergenti?
Chi sceglie la musica jazz non può prescindere dallo studio dei grandi del passato. Chi suona l’alto non può non conoscere Charlie Parker, Ornette Coleman, Lee Konitz e più in generale tutti gli altri musicisti non per forza contraltisti. Ogni musicista che è rimasto nella storia ha dato un contributo ed è fondamentale ascoltare tutti loro per approfondire sempre di più la conoscenza del linguaggio del jazz e acquisire i requisiti necessari per sviluppare una propria concezione artistica in modo da arrivare piano a finalizzare un proprio stile personale. Sono tantissimi i giovani che oggi suonano benissimo e che meritano attenzione… Non mi piace parlare di qualcuno in particolare, rischierei di dimenticare qualcuno.

Franco D’Andrea è uno dei musicisti che ha più creduto in te. Ancora oggi è memorabile la vostra esibizione al Pescara Jazz Festival del 2002. Cosa ricordi di quel concerto?
Franco oltre ad essere un grande pianista, e la storia recente lo ha dimostrato ampiamente, è una bravissima persona. Ha avuto una grande fiducia, prestandosi a suonare con me che all’epoca ero un bambino di tredici anni. Ricordo che il concerto è stato stupendo. Abbiamo aperto per la London Jazz Orchestra e Wynton Marsalis. Alla fine della nostra performance il batterista della Big Band Herlin Riley e il contrabbassista Rodney Whitaker, vollero a tutti i costi suonare un brano insieme a noi. Ricordo poi i grandi salti di gioia del già anziano grande critico Ira Gitler che rimase folgorato dalla musica prodotta sul palco in quella memorabile data del 18 luglio 2002.

Hai altri ricordi così forti?
L’invito a suonare a Washington DC durante i festeggiamenti in onore del Presidente Barak Obama il 19 gennaio 2009. Questa è stata un’altra incredibile opportunità che ho avuto. In quella occasione ho suonato con Dave Brubeck e ancora sento fortissimo la grande emozione provata.

Parlaci del tuo rapporto con Wynton Marsalis.
Sarò sempre grato a Wynton per quello che ha fatto per me. Oltre ad essere un grandissimo musicista, emblema della cultura afro-americana è una persona molto colta e un vero gentiluomo. Un musicista umilissimo, disponibilissimo e un incredibile didatta dotato di tanto carisma. Riesce a trasmettere l’amore per la musica ai giovani ed ha la capacità di scovare talenti in giro per il mondo. Li supporta, li sostiene e dà loro la possibilità di fare esperienze uniche, di condividere il palcoscenico con lui trattandoli alla pari. Siamo molto amici e ci sentiamo spesso. Durante il tour del 2003 Wynton non perdeva occasione per parlare di me ed elogiarmi. Un signore, subito dopo un concerto a Parigi, si avvicinò a lui e gli disse: «C’è un ragazzino in America che suona da paura» e Wynton non gli diede nemmeno retta e non faceva altro che indicare me con l’indice: «Cafiso… man, Cafiso can play… he’s the man… ».

Qual è la tua idea dello smooth jazz?
Domanda di riserva? Sinceramente le caratteristiche musicali di questo genere non le sento vicino a me. Anzi le sento molto lontane e non mi interessano. E’ un genere troppo ripulito armonicamente e dal punto di vista dell’improvvisazione. Troppa enfasi sulle melodie e sulle sonorità eccessivamente rilassanti e orecchiabili più attinenti all’aspetto commerciale e radiofonico. Io preferisco la sonorità del jazz con un robusto tappeto armonico che mi stimolano particolarmente quando improvviso e creano una particolare energia sul palco.

Oltre al jazz che musica ascolti?
Ascolto tutta la buona musica, l’importante è che sia fatta bene e sia di alto livello. Non mi piace etichettare la musica. Duke Ellington diceva che la musica è semplicemente bella o brutta. Io la penso allo stesso modo e mi piace approcciarmi ad essa con questo tipo di atteggiamento, in modo curioso e senza preconcetti. E’ necessario avere un’apertura a 360 gradi verso tutti gli stili e tutti i generi musicali. Questo è positivo e necessario perché influisce molto sulla formazione stilistica di ogni musicista che si vuole evolvere.

Hai qualche artista preferito che non suona il jazz?
Non c’è un artista in particolare ma cerco sempre di prendere il meglio da ogni artista che mi capita di ascoltare o di incrociare lungo il mio percorso.

Il tuo ultimo disco, “Moody’n”, è del 2011, un periodo lungo di inattività discografica per te che finora ci avevi abituato a ritmi più intensi. Cosa dobbiamo attenderci dal tuo prossimo album?
L’attuale progetto discografico, tuttora in lavorazione, consta di tre dischi in un unico cofanetto che dovrebbe uscire in ottobre. Tre dischi, tre storie diverse. Tutti i brani sono di mia composizione. In uno dei tre cd c’è la collaborazione della London Symphony Orchestra e diversi musicisti internazionali. Le registrazioni sono state fatte a Londra, New York, Udine e Roma. Un altro dei tre dischi è dedicato interamente alla Sicilia con un chiaro riferimento alle nostre bande di paese che hanno dato un grande contributo al jazz nei primi anni della sua formazione.

Ti sei esibito a Cortale. Che sensazione hai avuto?
Ottima. Ho voluto eseguire con il mio quintetto brani originali di mia composizione presi dai tre dischi in uscita. Un piccolo regalo che ho voluto fare al pubblico della rassegna “Jazz & Vento” e alla organizzazione per ringraziarli dell’invito.

(Pubblicato su MusicalNews.com il 18/08/2014)

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