Silvia Mezzanotte: Queste “Regine” sono la mia seconda vita

Non so come definire “Regine”, lo spettacolo/concerto di Silvia Mezzanotte finito da pochi minuti. Sono da poco passate le 23,00 e ancora nell’aria c’è il “profumo” della straordinaria performance che la cantante dei Matia Bazar ha tenuto al Teatro Politeama di Catanzaro, nell’ambito della X edizione del Festival d’Autunno.
Novanta minuti intensi in cui ha dato il meglio di sè ad una platea che è rimasta sorpresa per le sue incredibili doti di interprete. Sembra impossibile definire sorprendente una cantante che ha venduto milioni di album con i Matia Bazar, ma con “Regine” è riuscita a sbalordire mettendo in mostra un aspetto di lei che si conosceva poco.
Avevo già intervistato Silvia Mezzanotte alcuni giorni fa, ma per telefono tutto diventa più veloce. C’è qualcosa che differenzia Silvia già dall’approccio. “Ci diamo del tu, vero?”, potrebbe sembrare una simpatica minaccia, ma con lei è una cosa naturale. Si riesce ad entrare subito in sintonia.

Come nasce l’idea di realizzare uno spettacolo incentrato sulle tue preferenze giovanili?
Non è esattamente incentrato solo sulle mie preferenze giovanili, quanto sulla mia patologica timidezza. Sono le canzoni di quelle grandi cantanti e attrici che ascoltavo quando ero piccolina, grazie alle quali sono riuscita a rompere il guscio, aprendo la porta della camera dove cantavo. Ancora adesso porto sul palcoscenico una parte di questa insicurezza, diventata nel frattempo la mia piccola sfida nel quotidiano che mi permette di abbattere tutte le barriere che ci sono intorno a me come personaggio pubblico.

Quali difficoltà hai avuto nell’esecuzione di brani di artiste appartenenti a generi diversi tra loro?
Ho avuto grosse difficoltà. Per riuscire ad essere credibile ho studiato molto. Ti confesso che durante le prove io e la mia band, formata da tre musicisti jazz, avevamo scelto circa trenta canzoni. Inevitabilmente alcune di queste sono state eliminate perché non sembravano funzionali allo spettacolo, volevo che avessero una certa credibilità come nel caso del fado. Dovevo avere molto rispetto per personaggi del calibro di Amalia Rodriguez che già amavo moltissimo. Lo stesso vale per le cantanti del fado attuale. Questo lavoro l’ho fatto su tutte le canzoni. Devo ringraziare Pino De Fazio, di origini calabresi, per aver creato gran parte degli arrangiamenti perfetti per i brani che abbiamo scelto per lo spettacolo.

“Regine” richiede anche uno sforzo sotto l’aspetto della lingua. Tu canti in sette lingue diverse.
Per questo spettacolo ho studiato molto per ottenere il massimo ed ho avuto difficoltà con “‘O surdato ‘nnammurato”, perchè il napoletano può essere considerato più una lingua che un dialetto. Studiare mi intriga, mi appassiona, è una continua sfida con me stessa e questo è l’aspetto che mi ha fatto crescere ulteriormente. Cito ad esempio il lavoro fatto per “Habanera”, mio personale tributo a Maria Callas, che ha un arrangiamento soft jazz ed una parte cantata in francese. Partendo dai miei studi lirici, ne ho conservato la melodia originale, adattandola alle mie corde vocali.

Hai una forza interiore incredibile che ti spinge ad affrontare percorsi sempre nuovi e diversi. Nel 2008 ti sei esibita rivisitando alcuni brani della musica italiana ed internazionale con arrangiamenti che richiamavano il fado.
Quelle è stato il mio primo approccio con una dimensione internazionale e mi fa piacere che tu ricordi quel concerto. In quel periodo ho lavorato con Marco Poeta, uno dei più importanti chitarristi fado che abbiamo in Italia. E’ stato proprio lui a coinvolgermi in quel progetto, convincendomi che la mia vocalità poteva associarsi a quel genere musicale. E’ stato così che mi sono avvicinata ad un mondo che mi apparteneva solo da lontano. Devo dire che questa volontà di approfondire soprattutto le voci etniche è stato un percorso che mi ha convinto che avrei potuto reggere uno spettacolo come “Regine”.

Durante lo spettacolo, ad un certo punto ti siedi sullo sgabello e togli le scarpe restando scalza. C’è un significato particolare?
Mi sono tolta le scarpe per levare tutti gli orpelli inutili nel momento di massimo misticismo del concerto. Sono consapevole che quello dell'”Ave Maria” è il momento nel quale si crea il legame più profondo con il pubblico. Enel cuore della gente si entra in punta di piedi e a piedi nudi.

Alla fine dell'”Ave Maria” hai indossato delle scarpe rosse.
Mi sembrava la cosa più naturale da fare. Quando eseguo “Habanera” un drappo rosso e una scarpa rossa mi avrebbero permesso un tocco di sensualità in più. Un po di fuoco che non guasta nell’ interpretazione di “Carmen”.

Intervistandoti mi riesce impossibile non parlare dei Matia Bazar. Con loro hai vissuto una fase della tua carriera che ti ha portata ad ottenere successi straordinari. Cosa ti ha spinta ad affrontare la carriera da solista?
La mia voglia di affrontare un repertorio nuovo. Era una esigenza che sentivo in quel momento e che mi ha fatto crescere come donna e come artista. Tu sai che il rapporto con i Matia è stato variegato e complesso, nel senso che ad un certo punto ho interrotto la nostra collaborazione. Per tre anni ho avuto un mio percorso, del quale fa parte “Regine”, che non ho potuto rinnegare nel momento in cui le nostre strade si sono incrociate nuovamente. Quando non sono impegnata con loro, cosa abbastanza rara, dedico il mio tempo a questo spettacolo. Posso dirti che loro hanno anche visto lo spettacolo e hanno compreso le mie esigenze. Quello di “Regine” e dei Matia sono due percorsi paralleli che, comunque, vivono due dimensioni completamente diverse. Soprattutto Giancarlo (Golzi, nda) se ne è innamorato talmente tanto da volerlo a Ventimiglia nel periodo di Natale.

Poi il vostro cammino si è incrociato nuovamente.
Ed è stato tutto simpaticamente casuale. Ci siamo incontrati in aeroporto quando Roberta (Faccani, nda) era già andata via. Ad un certo punto si sono avvicinati i fan chiedendoci gli autografi. Io, però, non cantavo loro e la cosa all’inizio è stata imbarazzante, avendo io le mie cartoline, loro quelle dei Matia con Roberta. Poi, cercando una intesa, abbiamo firmato su un tovagliolino di carta (ride). In quel momento, probabilmente, è scoccata la scintilla. E devo dirti che tutto il percorso fatto con “Regine”, tutta la mia vocalità, mi è stato utile in studio di registrazione. E’ stato tutto più semplice quando durante le registrazioni Piero mi ha detto quello che gli sarebbe piaciuto che io esprimessi in ogni brano. In quel frangente abbiamo ritrovato una serie di meccanismi che erano ancora “oliati”.

Nell’ultimo Sanremo ti sei esibita con Al Jarreau. Alcuni mesi fa mi ha detto di essersi molto divertito quella sera e che conserva un ottimo ricordo di te. Cosa ha significato cantare con lui?
Al è una persona meravigliosa. La collaborazione con lui è stata troppo breve. Quello che ho portato con me, è l’immagine di un’artista con una umanità straordinaria. Quando abbiamo provato insieme lui si è accorto che io ero molto emozionata e ha cercato di mettermi a mio agio. La cosa sorprendente è stata che lui già conosceva perfettamente il brano che avremmo dovuto eseguire insieme. Aveva studiato tutte le sue performance vocali, rispettando i ruoli di tutti noi ed intersecandosi con le nostre tonalità e, addirittura, ha cantato in italiano una parte che non era stata prevista. Considero la presenza di Al Jarreau a Sanremo come la vera grande performance degli ospiti stranieri. Altri che hanno avuto uno spazio maggiore hanno dato, a mio avviso, meno di quello che ha dato lui.

Fra le tante collaborazioni va segnalata quella con Massimo Ranieri, con il quale hai inciso “Perdere l’amore”. Che tipo di esperienza è stata?
Con Massimo, che è una persona meravigliosa, ho potuto avere un approccio più lungo. Con lui mi sono esibita anche in alcune tappe del suo tour, a Venezia in Piazza San Marco e l’altra a Roma. Ho avuto un rapporto di maggior confidenza, sentendolo parlare delle sue esperienze, osservando il tipo di approccio che ha con lo spettacolo. Ed ho imparato moltissimo. Io non nascondo di avere una preparazione minuziosa dei dettagli, lui è maniacale. Durante i nostri incontri ho rubato quello che potevo facendolo diventare mio.

Ora hai due vite che scorrono parallele. Da un lato la sua carriera solista dall’altra quella con i Matia Bazar. Cosa dovremo attenderci in futuro da Silvia Mezzanotte?
A dire il vero c’è dell’altro. Ora sto facendo le Accademie di Canto, incontrando i ragazzi che vogliono entrare in questo mondo. Quando ero ragazza avrei voluto un riferimento, qualcuno che riuscisse a darmi qualche suggerimento, permettendomi di non sbagliare, o farlo meno possibile. Attraverso quegli errori sono arrivata ad essere il personaggio che sono ora, ma per i ragazzi in questo momento ci sono più difficoltà ad avvicinarsi a questo mondo. Pertanto, mi piace incontrare i giovani, parlandogli del mio percorso e dando loro dei consigli. Il secondo è continuare con “Regine” e poi con i Matia stiamo sviluppando una serie di progetti che ci porteranno all’estero. Saremo a Mosca il 25 novembre per poi proseguire con altre tappe già dall’inizio del prossimo anno.

(Pubblicato su MusicalNews.com il 15/11/2012)

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